Quando una decina di anni fa iniziai ad approcciare le discipline olistiche mai avrei pensato che sarebbero potute diventare il mio lavoro.
L’idea iniziale era di studiare l’essere umano, e nello specifico me stesso, e di provare a capire attraverso alcune modalità di lettura soprattutto il legame indistricabile tra Mente, Corpo, e quella che potremmo chiamare Anima.
Ricordo che terminato il primo corso di Reflessologia Plantare chiesi al mio insegnante se secondo lui era il caso di iniziare a praticare, a sperimentare quella tecnica. La sua risposta affermativa mi lasciò basito. Ero molto insicuro ovviamente, avevo appena finito un percorso di studi e mai mi sarei immaginato di poter mettere le mani su qualcuno: ero infatti digiuno da lavori corporei (a parte lo Yoga) e quindi mi sentivo totalmente inadeguato.
Iniziai quindi quasi per gioco, con amici che fortunatamente si mettevano a disposizione, a praticare. Gli anni poi sono passati, e con il tempo sono arrivate anche alcune capacità che il mero studio, per quanto importante, non ti può dare: la modalità di tocco, l’avvicinare in maniera tanto intima un altro essere umano, certe intuizioni.
Da praticante ho sempre trovato interessante farmi trattare da altri, perché impari in maniera differente, da cliente, e perché puoi sentire e capire cosa significa “venire toccati”.
Una delle cose che più mi piace in un operatore quando vesto i panni del cliente è che sappia muoversi sul territorio dimenticando la mappa.
La mappa è fondamentale quando percorri certi sentieri, è importante studiarla, capire dove potrebbero esserci ostacoli, leggere certi dati come i dislivelli, i tempi di percorrenza, ma poi, quando sei in loco, devi sapere senza ombra di dubbio che il territorio sarà certamente molto diverso dalla sua rappresentazione grafica.
E questo vale anche in un trattamento. Lo studio ti può insegnare una scaletta, una sequenza precisa di azioni da fare, ma ad un certo punto non puoi più permettere che tutte queste nozioni soffochino la tua intuizione, anche quando questa sembra cozzare con ciò che hai imparato.
Tendiamo troppo spesso a delegare ad altri gli aspetti più importanti della nostra vita: ai medici la nostra salute, ai rappresentanti di religioni la nostra spiritualità, agli studi di certe università cosa possiamo mangiare e bere.
Questo comporta che non ci diamo la possibilità di ascoltare le nostre sensazioni, e di fidarci di esse.
Lo studio è fondamentale, la mappa è necessaria, ma poi, è importante decidersi a partire fidandoci di noi stessi.
Un’altra peculiarità che ritengo importante per un operatore “olistico” è l’insicurezza. “Sia benedetta l’insicurezza” diceva sempre un caro maestro di Craniosacrale. Perché resetta la supponenza, perché ci pone in una condizione di umiltà, sempre aperti a nuovi insegnamenti. E la vita non manca mai di farceli avere.
Ne parlavo tempo fa con un’amica. E’ importante imparare tecniche, acquisire strumenti, e una formazione costante è alla base di qualsiasi lavoro sulla faccia della Terra.
Poi però tutto quello che ho imparato va ordinatamente riposto in una parte della nostra mente, una specie di armadio sempre presente, ma mai ingombrante.
Per poterci muovere liberamente, per poterci fidare dell’intuizione giusta che ci farà, a fronte di clienti e persone diverse, scegliere una tecnica piuttosto che un’altra, o perché no, una mescolanza delle due.
E la fiducia nelle tue sensazioni, a fronte di milioni di tecniche che puoi imparare, si raggiunge con l’andare sul territorio, con il sole, con la pioggia, anche quando stai da schifo, anche quando pensi di non essere in grado, anche quando hai paura, soprattutto quando hai paura, ma con la consapevolezza che nonostante tutto, se tu sei aderente a te stesso, qualsiasi sia la tua condizione, farai sempre e comunque la cosa giusta.
Pierpaolo Lombardi