La Pasqua è sempre stata una festa particolare.
Al di là della fede d’appartenenza.
E’ l’unica festa cristiana che non ha una data fissa stabilita deducendo più o meno il momento in cui accadde un certo avvenimento nella vita di Gesù.
No.
Essa è calcolata in base ad eventi cosmici.
Cade la domenica seguente il plenilunio successivo all’equinozio di Primavera (pare uno scioglilingua).
Questo perchè trae origine dalla Pasqua ebraica, calcolata ancor oggi secondo il calendario lunare (non è una novità che le feste cristiane coincidano con ricorrenze preesistenti).
Una giornata strettamente legata ai ritmi della Natura quindi.
Il termine stesso deriva dall’ebraico Pesach (Pesah), Pasah in aramaico, che significa “passaggio” “passare oltre” e richiama alla mente ricordi ben precisi nella tradizione.
Per i cristiani la resurrezione di Gesù, cioè il passaggio dalla morte alla vita.
Per gli ebrei il passaggio del popolo eletto attraverso le acque del Mar Rosso, e la sera stessa in cui tale Esodo ebbe inizio.
Quella notte in particolare un simbolo tracciato con il sangue di un agnello venne posto sugli stipiti delle porte delle case degli ebrei, simbolo che salvava dalla decima piaga d’Egitto: la morte dei primogeniti del paese d’Egitto.
L’Angelo Sterminatore in presenza di tale simbolo passava oltre.
Era un momento di raccoglimento, di attesa, e anche di timore visto che la morte aleggiava per le strade, e che tutto da lì in poi sarebbe cambiato per sempre.
La Pasqua ebraica si celebrò in fretta, con il bastone in mano e i calzari ai piedi, con pane non lievitato, azzimo (non c’era tempo di farlo lievitare), e con erbe amare, a ricordare l’amarezza della schiavitù.
Significato denso quindi.
La vita è un esodo continuo, un continuo passaggio, la Natura ce lo insegna sempre, stagione dopo stagione.
E il mutamento spaventa, impaurisce il lasciare una situazione certa, seppur sgradevole.
Io vi auguro di vivere la vita sempre in prontezza, con consapevolezza. Bastone alla mano e calzari ai piedi. Ricordando che l’immobilità, nonostante la caduca dolcezza delle certezze che all’apparenza ci dà, è in un certo qual modo sinonimo di schiavitù, e come le erbe che mangeremo questa sera, amara.
Buona Festa della libertà.
Buona Festa del passaggio.
Buona Pasqua.
Pierpaolo Lombardi