Siamo oramai in autunno e come ogni anno in questo periodo si ripropone il classico dubbio sulle ricorrenze a cavallo tra il 31 ottobre e il 2 di novembre, comunemente e cristianamente chiamate Festa di tutti i Santi (il primo giorno di novembre) e Festa dei morti (il 2 di novembre).
Tale quesito riguarda l’apparente interferenza, in questi 3 giorni, di costumi creduti americani, un vera e propria invasione che, mediaticamente e non solo, si suole chiamare Halloween.
Le domande che ci poniamo sono : “Che cosa ha a che fare con noi questa famosa “notte delle streghe”? Perchè dovremmo mandare i nostri figli in giro per le vie del paese travestiti da spiriti, folletti, o peggio ancora, da demoni? Cosa c’entra con noi, con la nostra cultura? E ancora, è il caso di opporci con forza al dilagare di tradizioni che con le nostre radici cristiane, almeno all’apparenza, non hanno nulla a che vedere?
C’è da fare un po’ di chiarezza.
Halloween è il nome di una festa popolare erroneamente considerata di origine americana. Il motivo principale di questo errore sta nel fatto che chi lo commette non considera che gli americani stessi, all’inizio, altro non furono che europei di varie provenienze (inglesi, scozzesi, olandesi, italiani, irlandesi ecc) e che, rifugiatisi per vari motivi nel nuovo continente, vi portarono inevitabilmente lingua, usi, costumi e folklore dalla madre patria.
Anche il termine è motivo di confusione; ultimamente questa ricorrenza è vista solo un motivo in più per fare baldoria. Oltretutto dal punto di vista cristiano è considerata come l’interferenza di una certa ritualità che, tirando in ballo streghe, vampiri ed altre creature di questo tipo, sembrerebbe condurre le genti verso una deriva spirituale inaccettabile.
Ma qual’è il significato di questo nome? La parola Halloween la si trova già nel XVI secolo e pare sia una variante scozzese contratta delle parole “All Hallows even” che in inglese antico indicava la sera prima di “All Hallows Day” o “Hallowmas” e cioè Ognissanti. E’ quindi a tutti gli effetti un vocabolo che indica la commemorazione di tutti i Santi.
Ora facciamo un balzo all’indietro nel tempo per vedere cosa accadeva secoli, per non dire millenni fa, prima che il cristianesimo diventasse la religione europea per eccellenza.
Siamo in un periodo in cui le giornate si stanno irrimediabilmente accorciando e buio e freddo cominciano a farla da padrone.
Faccio una premessa. Per gli antichi, l’anno era suddiviso in due stagioni, in base alla transumanza del bestiame: una bella, solare e luminosa, all’inizio della quale gli animali venivano portati verso i prati montani ricchi di erba nuova e fresca, e una buia, fredda, al cui principio si raccoglievano gli ultimi frutti della terra, si preparavano le scorte e le bestie venivano riportate nelle stalle per proteggerle dai rigori dell’inverno. A quei tempi, la religione aveva un legame stretto con la natura e ne celebrava l’evoluzione ciclica. Due dei momenti più importanti erano appunto i passaggi tra questi due periodi. Ovviamente a noi interessa il momento di transizione alla parte buia dell’anno, che coincideva con i giorni attorno al primo di novembre appunto. Tale festività, dedicata all’ultimo raccolto, quando venivano stoccate le ultime provviste che servivano a sopravvivere per un periodo in cui la terra avrebbe riposato, era riconosciuta in parecchie zone d’Europa e, ovviamente, a seconda delle popolazioni, della dislocazione geografica e di conseguenza della lingua, era chiamata in modi diversi e celebrata con rituali differenti, anche a seconda della religione di riferimento.
Presso le antiche popolazioni celtiche, che ricordiamo erano principalmente dislocate in Gran Bretagna, in Irlanda, Francia e Nord-Centro Italia, la stagione fredda era chiamata Samhain (si dice Samuin, che in in antico irlandese significa “fine dell’ estate”) e la vigilia dell’inizio di tale stagione era un festival molto importante. Era considerata innanzitutto il Capodanno; era il giorno che non c’era, fuori della ruota del tempo, a cavallo tra l’anno vecchio e quello nuovo; si accendevano grandi falò bruciando le ossa degli animali macellati. Tale fuoco era poi portato dai Druidi in ogni casa come benedizione e buon augurio. Non solo. Era anche un momento per ricordare i defunti. Si pensava infatti che in questa notte magica il velo di confine tra il nostro mondo e l’aldilà si assottigliasse a tal punto da permettere un contatto. Ecco quindi che dopo cena si lasciavano le tavole imbandite qualora i cari scomparsi fossero passati a visitare i luoghi che avevano abitato in vita. Era una notte di baldoria, si banchettava, si preparavano dolci per i morti, ci si propiziavano gli Dei in modo che questi fossero benevoli durante l’inverno, che a quei tempi era veramente rigido.
Si celebravano anche riti divinatori: ad esempio si sbucciava una mela: più la buccia era lunga e più lo era la vita.
In Grecia c’erano diverse ricorrenze in concomitanza con Halloween-Samhain, ad esempio si celebrava la morte di Dioniso, e si invocavano benedizioni divine sull’inverno in arrivo.
I romani, che pur ricordavano i morti con varie ricorrenze, Parentalia e Feralia, assimilarono la Samhain celtica trasformandola in Samonios ed accomunandola ai festeggiamenti in onore della dea Pomona, signora dei frutti e del raccolto.
In Egitto nello stesso periodo veniva celebrato il dolore di Iside per la scomparsa di Osiride.
Si pensava infatti, direi universalmente, che il Dio, raffigurato anche con il Sole, sposo della Dea, la Terra, morisse proprio in quel periodo, e con esso diminuisse pian piano anche la luce durante il giorno. Questa situazione durava (e dura) fino al 21 dicembre quando sappiamo che le ore di luce ricominciano ad aumentare (il Dio ri-nasceva). Ma di questo ne riparleremo al momento opportuno.
Ai primordi, i cristiani invece commemoravano i santi martiri la domenica successiva alla Pentecoste. Papa Bonifacio IV istituì “Tutti i Santi” il 13 maggio 610.
Ci si trovò quindi per un certo periodo con due feste dello stesso tipo, soprattutto perchè certi usi, specialmente tra in contadini, del pagus (il campo, da cui il termine “pagani”) erano duri a morire, nonostante l’avvento della nuova religione. Questo fino a che papa Gregorio III (731-741) ne fece coincidere le date e propose l’1 novembre come giorno di commemorazione di tutti i Santi.
Avvenne quindi ciò che era già successo con altre ricorrenze (Natale-Yule, San Giovanni-solstizio d’estate).
Secondo altre fonti fu Sant’Odildone di Cluny che nel 1048 unì le due ricorrenze, specialmente su insistenza degli ordini monastici irlandesi (coinvolti dalla presenza sul territorio di forti retaggi celtici) che vedevano le popolazioni restie ad abbandonare le vecchie tradizioni.
Fu così detronizzato definitivamente Samhain.
Ognissanti fu la data per ricordare tutti i santi, e il 2 invece diventò il giorno per onorare i defunti. Da qui, nei paesi anglofoni tale festa divenne “Hallowmas” e la sera prima “All Hallows even”, da cui la contrazione nota a tutti.
Dal 1630 al 1640 si inasprirono le condanne della Chiesa Cattolica contro chi tentava di festeggiare ancora nel modo antico tale ricorrenza.
Vennero anche demonizzati i simboli stessi della festa; le divinità onorate anticamente vennero rivestite di un’impronta diabolica; la Chiesa affermava, infatti, che tutti gli dei e le dee primevi fossero manifestazioni del diavolo, principe della beffa, così pure gli spiriti con cui i druidi ad esempio entravano in contatto. Apparvero così associate ad Halloween raffigurazioni in un certo senso maligne e paurose: fantasmi, scheletri, diavoli e altre creature demoniache, e da qui nacque l’espressione “la notte delle streghe”. Altro esempio di “diavolizzazione” (concedetemi il termine) è la rappresentazione stessa del demonio, che ricordiamo è una figura presente solo nelle religioni abramitiche; infatti l’immagine classica di Satana è quella di un essere con corna e zampe di capra, caratteri tipici di Pan o di Cernunnos, importanti divinità precristiane.
La tradizioni antiche però, non morirono del tutto, e anche oggi si ritrovano vecchi gesti che ricordano i fasti di un tempo.
E’ usanza, ad esempio, per la notte di Ognissanti intagliare zucche in modo da dar loro espressioni spaventose, e da usare come lanterne. Gli americani chiamano queste figure Jack o’ Lantern, da una vecchia storia americana appunto, che racconta di questo Jack, un fattore che osò sfidare il Diavolo. Lascio a voi, per chi fosse interessato, il cercare la continuazione del racconto.
Troviamo però anche nelle nostre contrade esempi di intaglio di verdure .
In Toscana ad esempio, nel periodo di maturazione , quindi tra settembre e novembre, si faceva il così detto gioco dello zozzo: si intagliava una zucca e le si metteva una candela accesa, per far spaventare i bambini. Tale pratica era presente anche nel Lazio, in Lombardia, in Friuli (qui erano chiamate Crepis o Musons) e in Veneto. Ad Orsara, in Puglia, la sera del 1 novembre si addobbano le strade con zucche illuminate che facciano da guida ai defunti che intendono tornare a visitare i luoghi in cui hanno vissuto; si accendono anche falò che indichino la via del cielo.
In Piemonte e Puglia si usava lasciare un posto in più a tavola durante quella notte per i morti che fossero passati di là.
In Sardegna invece si andava al cimitero, poi si cenava senza sparecchiare, sempre per i morti. I bambini inoltre passavano per le case bussando e dicendo “morti, morti” ricevendo in cambio dolci e frutta secca.
In Calabria, nelle comunità italo-albanesi si usava andare in processione ai cimiteri.
Anche in Abruzzo si passava di casa in casa bussando e domandando offerte per i morti e ricevendo in cambio dolciumi.
Possiamo vedere quindi che ci sono parecchi indizi che portano a pensare che forse tutto lo sbraitare che si sentirà in questi giorni in fin dei conti è infondato. Credo che ognuno sia libero di festeggiare ciò che meglio crede, come meglio crede, anche, perchè no, ricorrenze che tornano da un passato lontano, e che, volenti o nolenti, appartengono al nostro DNA.
Pierpaolo Lombardi